Presto potremmo trovarci a vedere diverse potenze contrapposte, che trascineranno il mondo verso l'annientamento nucleare.
Originale: https://www.commondreams.org/opinion/netanyahu-war-on-iran
Traduzione: Sergio Farris
*****
16 giugno 2025
Per quasi 30 anni, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha trascinato il Medio Oriente nella guerra e nella distruzione. Quest'uomo è una polveriera di violenza. In tutte le guerre che ha sostenuto, Netanyahu ha sempre sognato la grande sfida: sconfiggere e rovesciare il governo iraniano. La sua guerra appena iniziata, a lungo agognata, potrebbe farci morire tutti in un Armageddon nucleare, a meno che Netanyahu non venga fermato.
L'ossessione di Netanyahu per la guerra risale ai suoi mentori estremisti, Ze'ev Jabotinsky, Yitzhak Shamir e Menachem Begin.
La generazione precedente di sionisti credeva che essi dovessero impiegare qualsiasi violenza – guerre, omicidi, terrore – fosse necessaria per raggiungere il loro obiettivo, ossia eliminare qualsiasi rivendicazione palestinese di una patria.
I fondatori del movimento politico di Netanyahu, il Likud, chiedevano l’esclusivo controllo sionista su tutta quella che era stata la Palestina sotto mandato britannico. All'inizio del mandato britannico, nei primi anni '20, gli arabi musulmani e cristiani costituivano circa l'87% della popolazione e possedevano una terra dieci volte superiore a quella ebraica. Ancora nel 1948, gli arabi erano più numerosi degli ebrei di circa due volte a una. Ciononostante, lo statuto fondativo del Likud (1977) dichiarava che "tra il Mar Rosso e il Giordano ci sarà solo la sovranità israeliana". L'ormai famigerato slogan "dal fiume al mare", definito antisemita, si rivela essere il grido di battaglia antipalestinese del Likud.
La guerra di Israele contro l'Iran è la mossa finale di una strategia decennale. Stiamo assistendo al culmine di decenni di manipolazione, da parte del sionismo estremista, della politica estera statunitense.
Nonostante la loro palese illegalità, la sfida per il Likud era come perseguire i suoi obiettivi massimalisti rispettando il diritto e la morale internazionale, entrambi elementi che richiedono una soluzione a due stati.
Nel 1996, Netanyahu e i suoi consiglieri americani elaborarono una strategia di "rottura netta". Sostenevano che Israele non si sarebbe ritirato dai territori palestinesi conquistati nella guerra del 1967 in cambio della pace regionale. Israele avrebbe, invece, rimodellato il Medio Oriente a suo piacimento. Sostanzialmente, la strategia prevedeva gli Stati Uniti come forza principale per raggiungere questi obiettivi: condurre guerre nella regione per smantellare i governi che si opponevano al dominio israeliano sulla Palestina. Gli Stati Uniti furono chiamati a combattere guerre per conto di Israele.
La strategia "rottura netta" fu efficacemente attuata dagli Stati Uniti e da Israele dopo l'11 settembre. Come rivelò il Comandante Supremo della NATO, il Generale Wesley Clark, subito dopo l'11 settembre gli Stati Uniti pianificarono di "attaccare e distruggere i governi di sette paesi in cinque anni, iniziando dall'Iraq e passando poi a Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran".
La prima delle guerre, all'inizio del 2003, fu diretta a rovesciare il governo iracheno. I piani per ulteriori guerre furono ritardati a causa del pantano in cui si sono trovati gli Stati Uniti in Iraq. Ciononostante, gli Stati Uniti sostennero la scissione del Sudan nel 2005, l'invasione israeliana del Libano nel 2006 e l'incursione dell'Etiopia in Somalia nello stesso anno. Nel 2011, l'amministrazione Obama lanciò l'operazione Timber Sycamore della CIA contro la Siria e, insieme a Regno Unito e Francia, rovesciò il governo libico con una campagna di bombardamenti. Oggi, questi paesi giacciono in rovina e molti sono coinvolti in guerre civili.
Netanyahu era un sostenitore di queste guerre pianificate – sia pubblicamente che dietro le quinte – insieme ai suoi alleati neoconservatori nel governo statunitense, tra cui Paul Wolfowitz, Douglas Feith, Victoria Nuland, Hillary Clinton, Joe Biden, Richard Perle, Elliott Abrams e altri.
Testimoniando al Congresso degli Stati Uniti nel 2002, Netanyahu si schierò a favore della disastrosa guerra in Iraq, dichiarando: "Se eliminerete Saddam, il regime di Saddam, vi garantisco che questo avrà ripercussioni molto positive sulla regione". Ha continuato: "E penso che le persone sedute proprio accanto a noi in Iran, i giovani e molti altri, diranno che il tempo di tali regimi, di tali despoti, è finito". Ha anche dichiarato falsamente al Congresso: "Non c'è alcun dubbio che Saddam stia cercando, stia lavorando, stia andando avanti verso lo sviluppo di armi nucleari".
Lo slogan di ricostruire un "Nuovo Medio Oriente" è il motivo ricorrente di queste guerre. Inizialmente affermato nel 1996 con "rottura netta", è stato reso popolare dalla Segretaria Condoleezza Rice nel 2006. Mentre Israele bombardava brutalmente il Libano, Rice dichiarò: "Quello a cui stiamo assistendo qui, in un certo senso, è la crescita, le doglie del parto di un nuovo Medio Oriente e qualunque cosa facciamo, dobbiamo essere certi che stiamo andando avanti verso il nuovo Medio Oriente, non stiamo tornando a quello vecchio".
Nel settembre 2023, Netanyahu presentò all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite una mappa del "Nuovo Medio Oriente" che cancellava completamente uno Stato palestinese. Nel settembre 2024, elaborò questo piano mostrando due mappe: una parte del Medio Oriente definita una "benedizione" e l'altra – che includeva Libano, Siria, Iraq e Iran – una maledizione, poiché sosteneva un cambio di regime in questi ultimi paesi.
La guerra di Israele contro l'Iran è la mossa finale della strategia decennale. Stiamo assistendo al culmine di decenni di una estremista manipolazione sionista della politica estera statunitense.
La premessa dell'attacco israeliano all'Iran è l'affermazione che l'Iran sia sul punto di acquisire armi nucleari. Tale affermazione è infondata, poiché l'Iran ha ripetutamente chiesto negoziati proprio per rimuovere l'opzione nucleare in cambio della fine di decenni di sanzioni statunitensi.
Dal 1992, Netanyahu e i suoi sostenitori hanno più volte affermato che l'Iran diventerà una potenza nucleare "tra pochi anni". Nel 1995, i funzionari israeliani e i loro sostenitori statunitensi parlarono di 5 anni. Nel 2003, il direttore dell'intelligence militare israeliana dichiarò che l'Iran sarebbe diventato una potenza nucleare "entro l'estate del 2004". Nel 2005, il capo del Mossad affermò che l'Iran avrebbe potuto costruire la bomba in meno di 3 anni. Nel 2012, Netanyahu dichiarò alle Nazioni Unite che "mancano solo pochi mesi, forse poche settimane, prima che ottengano abbastanza uranio arricchito utile per la prima bomba". E così via.
Questo schema trentennale di scadenze variabili ha segnato una strategia deliberata, non errori di profezie. Le affermazioni sono propaganda; c'è sempre una "minaccia esistenziale". Ancora più importante, c'è la falsa affermazione di Netanyahu secondo cui i negoziati con l'Iran sono inutili.
L'Iran ha ripetutamente affermato di non volere un'arma nucleare e, da tempo, di essere pronto a negoziare. Nell'ottobre 2003, la Guida Suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei, ha emesso una fatwa che proibiva la produzione e l'uso di armi nucleari – una decisione poi citata ufficialmente dall'Iran in una riunione dell'AIEA a Vienna nell'agosto 2005 e da allora citata come un impedimento religioso e legale all’ottenimento delle armi nucleari.
Anche per coloro che sono scettici sulle intenzioni dell'Iran, il Paese ha costantemente sostenuto un accordo negoziato supportato da verifiche internazionali indipendenti. Al contrario, la lobby sionista si è opposta a qualsiasi accordo di questo tipo, esortando gli Stati Uniti a mantenere le sanzioni e a rifiutare accordi che consentirebbero un rigoroso monitoraggio dell'AIEA in cambio della revoca delle sanzioni.
Nel 2016, l'amministrazione Obama, insieme a Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Russia, ha concordato il Piano d'azione congiunto globale (JCPOA) con Iran: un accordo storico per monitorare rigorosamente il programma nucleare iraniano in cambio dell'allentamento delle sanzioni. Eppure, sotto la pressione incessante di Netanyahu e della lobby sionista, il presidente Trump si è ritirato dall'accordo nel 2018. Com'era prevedibile, quando l'Iran ha risposto ampliando l'arricchimento dell'uranio, è stato accusato di aver violato un accordo che gli stessi Stati Uniti avevano abbandonato. Il doppio standard e la propaganda sono proprio difficili da ignorare.
L'11 aprile 2021, il Mossad israeliano ha attaccato gli impianti nucleari iraniani a Natanz. In seguito all'attacco, il 16 aprile, l'Iran ha annunciato che avrebbe ulteriormente incrementato l'arricchimento dell'uranio come leva contrattuale, e ha ripetutamente chiesto la ripresa dei negoziati su un accordo come il JCPOA. L'amministrazione Biden ha respinto tutte le trattative di questo tipo.
All'inizio del suo secondo mandato, Trump ha accettato di aprire un nuovo negoziato con l'Iran. L'Iran si è impegnato a rinunciare alle armi nucleari e a essere soggetto alle ispezioni dell'AIEA, ma si è riservato il diritto di arricchire l'uranio per scopi civili. L'amministrazione Trump sembrava essere d'accordo. Fino a questo punto, ma poi ha fatto marcia indietro. Da allora, ci sono stati cinque giri di negoziati, con entrambe le parti che, ogni volta, hanno riferito progressi.
Il sesto giro avrebbe dovuto svolgersi domenica 15 giugno. Invece, il 12 giugno, Israele ha lanciato una guerra preventiva contro l'Iran. Trump ha confermato che gli Stati Uniti erano in anticipo a conoscenza dell'attacco, anche se l'amministrazione parlava pubblicamente degli imminenti negoziati.
L'attacco di Israele è stato effettuato non solo nel bel mezzo dei negoziati, che stavano procedendo, ma anche pochi giorni prima di una conferenza dell’ONU programmata sulla Palestina, che avrebbe fatto avanzare la causa della soluzione a due stati. Tale conferenza è stata ora rinviata.
L'attacco di Israele all'Iran minaccia ora di degenerare in una guerra a tutti gli effetti, che coinvolge Stati Uniti ed Europa dalla parte di Israele e Russia e forse il Pakistan dalla parte dell'Iran.
Potremmo presto vedere diverse potenze nucleari schierarsi l'una contro l'altra, trascinando il mondo verso l'annientamento nucleare. L'Orologio dell'Apocalisse segna 89 secondi a mezzanotte, il momento più vicino all'Armageddon nucleare da quando l'orologio è stato lanciato nel 1947.
Negli ultimi 30 anni, Netanyahu e i suoi sostenitori statunitensi hanno distrutto o destabilizzato una fascia di 4.000 km di Paesi che si estende tra il Nord Africa, il Corno d'Africa, il Mediterraneo orientale e l'Asia occidentale. Il loro obiettivo è sempre stato quello di bloccare la possibilità di uno stato della Palestina, rovesciando i governi che sostengono la causa.
Il mondo merita di meglio rispetto a questo estremismo. Oltre 170 paesi alle Nazioni Unite hanno chiesto la soluzione dei due Stati e la stabilità regionale. Questo ha più senso rispetto a un Israele che porta il mondo sull'orlo dell'Armageddon nucleare nel perseguimento dei suoi obiettivi illegali ed estremisti.
Jeffrey D. Sachs è professore universitario e direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile presso la Columbia University, dove ha diretto l'Earth Institute dal 2002 al 2016.
Sybil Fares è specialista e consulente in politica mediorientale e sviluppo sostenibile presso SDSN, Sustainable Development Solutions Network.